Grammatica sì o no… ma soprattutto quale grammatica e come insegnarla!

Uno degli aspetti più dibattuti nell’ambito della didattica di una lingua straniera, ma anche la lingua materna, è sicuramente l’insegnamento della grammatica. Sono molti gli aspetti oggetto di discussione: Quale grammatica insegnare? Come insegnarla? Deduttivamente o induttivamente? Quanta grammatica insegnare? Perché insegnarla?

Le proposte metodologiche che si sono susseguite negli anni hanno proposto diversi modi di affrontare la grammatica in classe. All’approccio comunicativo e allapproccio orientato all’azione sono state spesso rivolte delle critiche proprio per il ruolo che assume la grammatica in queste prospettive didattiche. Vi è la convinzione piuttosto generalizzata che con gli approcci comunicativi non si tratti in classe la grammatica. Dal nostro punto di vista è solo una questione di come si pensa la lingua e la funzione che ha e, di conseguenza, la finalità dell’insegnamento della grammatica. Si tratta quasi di una questione filosofica. Il modo di concepire la lingua e quindi la grammatica metterà in risalto le differenze tra un approccio e l’altro perché le sue diverse accezioni conducono a diverse interpretazioni sia dei contenuti sia delle finalità dell’insegnamento grammaticale (Chini e Bosisio, 2014: 115).

grammaticaL’Enciclopedia Treccani definisce la “grammatica” come una  rappresentazione sistematica di una lingua e dei suoi elementi costitutivi, articolata tradizionalmente in fonologia (dottrina dei suoni di cui è costituita la parola), morfología, sintassi, lessicologia (studio scientifico del sistema lessicale di una lingua) ed etimologia.

Si tratta di un’accezione piuttosto ampia, una “descrizione di un sistema” che riesce a includere diversi livelli del sistema e in cui sarà anche facile introdurre riflessioni a livello pragmatico e sociolinguistico, aspetti fondamentali per chi impara una lingua straniera (e anche la propria L1). Tener presente però tutti questi aspetti implica una scelta metodologica che non si limita a descrivere il sistema di funzionamento di una lingua ma che richiede ai discenti un ruolo più attivo e che li porta a riflettere sulla lingua e a parlarne.

Durante molto tempo l’insegnamento della lingua straniera era pianificato a partire da un contenuto grammaticale seguendo un procedimento deduttivo di acquisizione della regola, l’approccio orientato all’azione propone invece un modo di procedere diverso. Si parte dall’analisi dei bisogni comunicativi degli studenti per l’esecuzione del compito finale ed è a partire da questi bisogni che si pianifica l’insegnamento grammaticale. È questo il criterio con cui si introducono i contenuti grammaticali che, attraverso la sequenza di attività che porteranno i discenti ad eseguire i compiti intermedi e finali, saranno analizzati e messi in pratica. Questo modo di procedere e lavorare stimola la presa di coscienza degli alunni sulla lingua e attiva i meccanismi di riflessione e le strategie comunicative (Martín Peris, 2004). Permette di creare un ponte tra il sapere cosciente e il sapere non cosciente, quel doppio meccanismo nella costruzione del sapere di una lingua a cui si riferisce Ellis (1990) quando parla dell’input centrato nel significato che porta all’uso comunicativo della lingua e che consente di introdurre le regole in maniera induttiva e dell’input incentrato sulla forma, che apporta l’insegnamento diretto ed esplicito del funzionamento grammaticale della lingua.

Bravissimo! 2

Bravissimo! 2

Questo modo di concepire l’insegnamento della lingua e della grammatica apre le porte a un modo diverso di lavorare in classe che cerca di tener conto della complessità della lingua e di presentarla seguendo il criterio della necessità. Non importa se un contenuto grammaticale è presentato solo parzialmente se per raggiungere lo scopo comunicativo che ci si è prefissi sono necessari solo certi aspetti di quel determinato contenuto e se la scelta è dettata dalla funzionalità.

Per riprendere il titolo della grammatica descrittiva dell’italiano di Michele Prandi (2006) Le regole e le scelte, l’insegnamento della lingua e della grammatica è fatto sia di regole che di scelte in quanto la grammatica di una lingua è un sistema che include regole non negoziabili, rigide (che hanno validità assolute) e opzioni alternative (che producono differenze di significato) che lasciano ampi margini di scelta al parlante. Nel discorso questi due modi di funzionare si danno il cambio, l’insegnante non può non tenere presente questa alternanza. L’insegnante può (e deve) attuare delle scelte e prendere delle decisioni al momento di pianificare la propria lezione con l’obiettivo di dare risposta ai bisogni comunicativi reali dei discenti.

BIBLIOGRAFIA

Chini, M. e Bosisio, C. (2014). Fondamenti di glottodidattica. Apprendere e insegnare le lingue oggi. Roma: Carocci Editore.

Enciclopedia Treccani, www.treccani.it

Martín Peris, E. (2004). Que significa trabajar en clase con tareas comunicativas?. In RedEle, Numero 0,

www.mecd.gob.es/dctm/redele/Material-RedEle/Revista/2004_00/2004_redELE_0_18Martin.pdf?documentId=0901e72b80e0c9e3

Prandi, M. (2006). Le regole e le scelte. Introduzione alla grammatica italiana. Torino: UTET.

L’interesse per la lingua italiana in Turchia

La Turchia e l’Italia hanno sempre avuto rapporti diplomatici, politici e commerciali e la presenza di italiani a Istanbul risale a quando questa città si chiamava, prima Bisanzio e poi Costantinopoli. Anche Izmir, l’antica Smirne, è un’ altra città che nella storia ha sempre avuto rapporti commerciali con gli italiani, di cui fa parte anche la minoranza levantina italiana. Gli italo-levantini sono i membri di un’antica comunità d’origine italiana radicata da secoli – ci riferiamo alle repubbliche marinare di Venezia e Genova – nell’attuale Turchia, principalmente a Istanbul e Izmir. (1)
Ritornando ai nostri giorni, la richiesta sempre maggiore di corsi di lingua italiana è sicuramente da implicarsi al fatto che la Turchia e l’Italia hanno molti scambi commerciali e quindi la conoscenza della lingua italiana potrebbe essere per molti quel “quid” che permette di trovare un lavoro nella logistica e nell’industria. Si pensi alla Ferrero che nel 2013 ha aperto un grande stabilimento a Manisa, città non lontana da Izmir, dove si producono la Nutella e altri prodotti dello stesso marchio. Molti degli ingegneri e dei tecnici che vi lavorano stanno imparando l’italiano, così come già avveniva nella fabbrica della Fiat a Bursa, dove si producono alcuni modelli come la Fiat Doblò. Inoltre il “Made in Italy”, inteso come moda, design, cucina e vini, riscuote sempre molto successo, soprattutto in grandi città come Istanbul, Izmir ed Ankara e nelle città turistiche lungo le coste del Mediterraneo. La scorsa settimana si è tenuto a Istanbul il primo incontro di coordinamento degli italiani in Turchia in cui sono emersi interessanti argomenti su cui lavorare, tra questi anche la promozione della cultura e della lingua italiana. (2)
Istanbul, essendo da sempre la capitale culturale della Turchia, ha ben due licei italiani: il Liceo Scientifico Statale IMI e il Liceo Scientifico Parificato Galileo Galilei che, insieme alla Scuola dell’infanzia e primaria Marco Polo, seguono i programmi didattici del Ministero della Pubblica Istruzione Italiana. Sempre a Istanbul, negli ultimi anni, sono nate delle scuole primarie e secondarie con programmi scolastici turchi in cui però l’insegnamento della lingua italiana ha un ruolo molto importante con il fine di preparare gli alunni alla conoscenza dell’ italiano come prima lingua straniera. Questo fiorire di scuole primarie e secondarie private è dovuto anche al fatto che da poco il sistema scolastico in Turchia è stato riformato. I risultati di questa riforma non sono stati graditi da una buona parte della nuova borghesia e del ceto medio emergenti in Turchia che ha preferito iscrivere i propri figli nelle scuole private che, sí, seguono i programmi scolastici turchi, ma riservano maggiore spazio alla conoscenza delle lingue straniere e all’approfondimento delle materie scientifiche.
Questo trend si è diffuso anche a Izmir e Ankara. A Izmir, come dicevo sopra, c’è una grande presenza di levantini-italiani e per questa ragione esiste già una scuola elementare italiana gestita dalle suore. Negli ultimi 5 anni anche altre scuole primarie a Izmir hanno deciso di seguire la capitale culturale e cosí anche i bambini di Izmir possono apprendere l’italiano come prima lingua straniera.
L’offerta dei corsi di italiano si è notevolmente ampliata anche nelle università e nelle scuole di lingue, tanto che in città più decentrate dell’Anatolia, alcune università hanno cominciato ad offrire anche corsi di italiano come L2 o L3.
Io lavoro in una giovane università privata a Izmir. L’università di Economia di Izmir, sin dalla sua fondazione, ha fatto dell’insegnamento delle lingue straniere il suo fiore all’occhiello, infatti è la sola in tutta la Turchia in cui è obbligatorio lo studio di una seconda lingua straniera dopo quella inglese, quest’ultima lingua veicolo in classe per tutte le materie. Il dipartimento delle seconde lingue straniere, all’interno della scuola di lingue, offre la possibilità di studiare l’italiano, il francese, lo spagnolo, il giapponese, il russo, il cinese e il tedesco. Bisogna precisare però che la scuola di lingue non nasce come facoltà di linguistica, quindi non ci si specializza in nessuna di queste lingue, ma ogni studente che intraprende un percorso universitario dovrà scegliere di fare per 4 anni una delle lingue sopra elencate e, se si sarà impegnato, la sua conoscenza della lingua, alla fine del percorso, sarà pari al livello B1 del QCER. I nostri studenti sono abituati all’apprendimento delle lingue straniere ma ciò non toglie che per molti di essi il percorso è assai difficile, perché il turco e l’italiano sono molto lontani linguisticamente. La struttura morfosintattica delle due lingue è molto dissimile e questo spesso causa, soprattutto nella produzione orale e scritta, notevoli problemi. Per questa ragione non sempre si può usare in classe solo la lingua che si sta insegnando ma si deve mediare usando la loro lingua madre o l’inglese. Quest’ultima, usata come lingua ponte, spesso aiuta più dell’uso del turco in classe, perché di certo italiano e inglese sono più vicini. Per quanto riguarda invece un aspetto più prettamente glottodidattico, in moltissime realtà in Turchia, l’insegnamento delle lingue straniere è ancora basato sul metodo grammaticale traduttivo, ma, fortunatamente, nell’ultimo decennio, l’adozione di manuali più nuovi ha introdotto metodi e approcci più comunicativi.
Si studia italianistica invece all’università di Ankara e a quella di Istanbul, in quest’ultima la Sezione Italiana del Dipartimento di Lingue e Lettarature Straniere, insieme al Centro di Cultura Italiano di Istanbul, hanno organizzato per le giornate del 19 e 20 marzo 2015 un convegno internazionale di italianistica dal titolo: “Proposte per il nostro millennio: La letteratura italiana tra postmodernismo e globalizzazione”. Lo scopo principale del convegno è la promozione dello sviluppo della lingua e cultura italiana in Turchia, favorendo il dialogo tra i docenti e gli studiosi di questa disciplina. (3)
E allora, speriamo di vederci tutti lì a marzo.
Note:
(1) http://www.festivaletteraturadiviaggio.it/altrove/geografie/levante-e-levantini.htm
(2) (http://nuovolevantino.it/italiani-in-turchia-resoconto/
(3) http://canadiansocietyforitalianstudies.camp7.org/News-from-our-Members/3126655