“Se non puoi sconfiggerlo, fattelo amico! L’uso dello smartphone nella classe di lingua” e “Risorse multimediali e glottodidattica: disegno di attività per corsi presenziali e online”

Se non puoi sconfiggerlo, fattelo amico! L’uso dello smartphone nella classe di lingua – Giorgio Massei

Riassunto di Adriana Calise

Alzi la mano chi non si è mai trovato a far lezione con alunni distratti dai loro cellulari. Squilli improvvisi, vibrazioni metalliche, foto condivise sotto i banchi, occhi rivolti verso il basso per scrivere… è questa la realtà quotidiana per chi insegna, soprattutto in ambito scolastico o universitario, alla generazione dei nativi digitali.

Non è necessario aggiungere che le avete già provate tutte per evitare che i vostri studenti usino i telefonini per scopi non didattici. E scommetto che, purtroppo, ancora non ci siete riusciti…

Ebbene, arrendiamoci! È una guerra persa in partenza. A meno che, invece di combattere contro questo “nemico”, non ci alleiamo con lui e ne sfruttiamo le potenzialità.

Il workshop di Giorgio Massei, direttore di Edulingua ed esperto di nuove tecnologie, ci è servito a cambiare prospettiva rispetto a queste situazioni molto frequenti in classe.  È innegabile, infatti, che dal 1927, anno in cui il grammofono fu considerato un primo esempio di portabilità di audio, fino ai giorni nostri, in cui si stanno conducendo studi sulla realtà aumentata, l’evoluzione delle tecnologie sia stata enorme, rapida e rivoluzionaria. Tanto che probabilmente a breve il concetto di M-Learning, l’apprendimento attraverso il cellulare, potrebbe essere considerato già superato.

Partendo dal concetto di TPACK, il modello che integra le conoscenze tecnologiche, didattiche e disciplinari necessarie a un docente che lavora in un contesto attuale, Giorgio ha voluto mostrarci come, superati i primi ostacoli, si possa sfruttare lo smartphone con finalità didattiche.

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Questo strumento, infatti, consente di ripensare i luoghi e lo spazio-classe, e di superare la distinzione tra apprendimento formale VS informale, valicando i confini dell’aula e uscendo “virtualmente” dalla classe proprio grazie al cellulare.

Ovviamente, vi starete chiedendo come superare alcuni inconvenienti pratici, ad esempio l’eventualità che non tutti gli studenti abbiano uno smartphone o il costo del traffico dati: innanzitutto, non è necessario che tutti posseggano un cellulare di ultima generazione, anzi la condivisione dello strumento favorisce la collaborazione all’interno di un gruppo; inoltre, non tutte le attività richiedono la connessione a internet e oggigiorno è molto diffusa la possibilità di collegarsi via wifi alla rete dell’edificio.

Se, invece, state pensando a problemi legati all’efficacia delle attività o all’uso del tempo, sono rischi che si corrono sempre quando si lasciano gli studenti liberi di lavorare in gruppo; eventuali complicazioni legate al tema della privacy, invece, devono essere trattate con maggiore cautela, evitando, ad esempio, di far registrare studenti minorenni a pagine web con i propri dati personali.

Ma concentriamoci ora sui vantaggi dell’uso dello smartphone come strumento didattico da utilizzare in classe. Alcune delle funzioni di un cellulare di ultima generazione, infatti, possono essere sfruttate in aula con fini didattici, oltre ad essere validi supporti per l’autoapprendimento.

Ad esempio, con la fotocamera possiamo organizzare:

  • una caccia al tesoro a gruppi e vince chi fotografa il maggior numero di oggetti di marche italiane;
  • un “trova le differenze”, fotografando oggetti che non possono trovare in Italia o oggetti reperibili sono nel nostro paese;
  • la stesura di una storia partendo dalla foto come traccia narrativa;
  • un puzzle con foto a pezzi;
  • una drammatizzazione usando la foto come sfondo per l’altro gruppo;
  • il racconto della giornata tipica, fotografando gli studenti che mimano le azioni;
  • l’alfabeto per immagini.

Con la videocamera si può:

  • registrare un roleplay e poi cercare gli errori;
  • registrare una scena senza audio e poi l’altro gruppo deve scrivere un’ipotesi di conversazione;
  • realizzare un’intervista doppia o a specchio.

Con il registratore vocale si possono fare interviste per strada e poi farle trascrivere agli alunni e con l’applicazione per la dettatura vocale si possono realizzare esercizi di correzione della punteggiatura.

Poi ci sono le note, i dizionari, le mappe o il traduttore, che si può sfruttare a nostro vantaggio perché gli errori che commette sono utili per esercitarsi nella loro correzione. Si possono, inoltre, scaricare applicazioni per creare Flashcards o per organizzare tornei di Ruzzle.

Arriviamo, infine, ad applicazioni con molteplici funzioni, come Edmodo o Examtime, attraverso le quali si creano comunità di apprendenti che condividono appunti, mappe mentali o carte per memorizzare il vocabolario; o Teacherkit e Socrative, sistemi semplici per effettuare quiz e verifiche in classe sotto forma di gara o gioco.

Alla fine del workshop, noi docenti abbiamo usato Kahoot per partecipare a un quiz attraverso un codice che consente a tutti di giocare contemporanemente, utilizzando lo smartphone come control pad per rispondere alle domande in tempo reale, senza scaricare applicazioni né registrarsi in rete.

Insomma, Giorgio ci ha proposto queste e molte altre attività utili per sfruttare la tecnologia degli smartphone a nostro vantaggio e superare il divario generazionale che ci separa dagli studenti.

Se noi docenti non vogliamo estinguerci come i dinosauri, infatti, non possiamo continuare a combattere contro un progresso inevitabile, ma dobbiamo aggiornarci dal punto di vista informatico e tecnologico e ribaltare a nostro favore la situazione, integrando nella programmazione le ultime tecnologie come strumenti didattici.

Bibliografia 

http://tpack.org

http://www.socrative.com

https://www.edmodo.com/?go2url=%2Fhome

https://www.examtime.com/es-ES/

http://www.teacherkit.net

https://getkahoot.com

http://ruzzle-game.com

Risorse multimediali e glottodidattica: disegno di attività per corsi presenziali e on-line – Emanuela Agati

Riassunto di Ilaria Bada

Come si può progettare un’attività didattica con le risorse disponibili on-line?

Il workshop tenuto da Emanuela Agati ci ha offerto varie risposte a quest’unica domanda.

Emanuela, che ora insegna a Orvieto, è stata docente di italiano all’Università di Monterrey, dove ha iniziato a progettare attività didattiche on-line da inserire nei suoi corsi di lingua italiana, sia durante le lezioni nel laboratorio di informatica, sia come compiti a casa. Nel corso dei suoi esperimenti si è accorta che la tecnologia permette di realizzare attività significative, varie e originali, e soprattutto di abbassare il filtro affettivo degli studenti, che le svolgono in un clima rilassato e giocoso.

Qui di seguito riporteremo alcune delle attività create come compito a casa per gli studenti da Emanuela, che le ha presentate nel suo workshop con il supporto di un prezi visibile on-line.

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Il primo compito è stato progettato da Emanuela con il supporto di Voki, una risorsa on-line che permette di personalizzare un avatar e fargli leggere dei messaggi scritti dall’utente. Voki è uno strumento di facile utilizzo, con un design intuitivo, un processo di registrazione rapido e che offre la possibilità di salvare gli avatar creati e generare un link per incollarli nel proprio blog, su Facebook, Twitter e altri social network. Emanuela ha scelto di utilizzare questo strumento per rendere più divertenti e appetibili i compiti a casa di due gruppi di suoi studenti, i quali avevano solo una lezione di italiano a settimana.

Un primo gruppo di alunni, di livello A1/A2, ha dovuto creare un voki che dicesse cosa sapeva fare e cosa conosceva (qui è possibile vedere uno dei lavori prodotti dagli alunni), per esercitarsi a casa sulla differenza, già spiegata in classe, tra i verbi sapere e conoscere.

Al gruppo di livello B1, invece, è stato chiesto di dare vita a un avatar che descrivesse il suo aspetto fisico e il suo carattere, sul modello di quello offerto come esempio da Emanuela (visibile qui), per riutilizzare il lessico della descrizione personale introdotto a lezione.

I voki venivano poi pubblicati dagli studenti sul gruppo Facebook della classe e visionati e commentati all’inizio della lezione successiva, per valorizzare il lavoro svolto dagli studenti e per motivarli a fare i compiti, oltre che per riattivare le conoscenze pregresse. La correzione degli esercizi svolti, grazie alla mediazione della tecnologia, avveniva sempre in un clima disteso: gli alunni non avevano paura di “perdere la faccia” in caso di errore, dato che non erano loro a parlare ma un loro rappresentante virtuale. La personalizzazione del voki, inoltre, apportava un elemento ludico, che incoraggiava gli studenti alla riproduzione degli avatar dei propri compagni e che manteneva viva l’attenzione degli alunni durante la fase di correzione.

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Elemento ludico e clima disteso durante la correzione contraddistinguono anche la seconda attività presentata da Emanuela, che l’ha ideata facendo ricorso a Vocaroo, un registratore on-line di libero accesso

In questo caso l’obiettivo dell’esercizio è stato quello di far usare, a una classe di studenti di livello B1, il futuro per fare ipotesi nella forma stare+gerundio. Per svolgere l’esercizio gli alunni hanno dovuto prima registrare con Vocaroo tre suoni prodotti durante l’esecuzione di un’attività qualsiasi, poi pubblicare le tre registrazioni sulla pagina Facebook della classe e infine commentare nel gruppo almeno tre registrazioni dei compagni, facendo ipotesi sulle attività eseguite. Anche in questa occasione si trattava di un compito a casa, la cui correzione avveniva in plenum all’inizio della lezione seguente. L’esercizio ha riscosso un grande successo tra gli studenti di Emanuela, che hanno condiviso molte registrazioni (qui se ne può ascoltare una) e si sono divertiti a commentare quelle degli altri partecipanti al corso.

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Un altro compito a casa da svolgere con l’aiuto di Vocaroo può essere creato facilmente prendendo un video da YouTube, Vimeo, o altre piattaforme simili, verosimilmente già note sia a noi docenti sia tutti i nostri alunni.

Emanuela ha scelto di usare queste due tecnologie per far lavorare i suoi alunni sulla forma stare+gerundio, cercando su YouTube un video con azioni in svolgimento e fornendo loro un elenco di verbi da usare; gli studenti, di livello A1, hanno poi dovuto descrivere le azioni viste registrando la loro voce con Vocaroo. Il vantaggio di questa attività è che permette agli alunni di eseguire la produzione orale in una situazione di basso stress emotivo, dato che sono soli di fronte al proprio computer, e di migliorare la loro performance fino a quando non ne saranno del tutto soddisfatti, poiché Vocaroo permette di registare, ascoltare la propria registrazione e rifarla quante volte si vuole. La modalità di condivisione e correzione di questo esercizio non si distingue da quelle citate sopra, e prevede che gli studenti incollino il link del proprio compito nel gruppo Facebook della classe e che le attività svolte a casa vengano commentate all’inizio della lezione successiva.

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Per concludere la sua presentazione Emanuela ci ha ricordato che, come ogni altra attività, anche l’attività multimediale va contestualizzata all’interno del corso, e quindi progettata tenendo conto del calendario, degli obiettivi didattici e delle abilità che si vogliono sviluppare. Inoltre, quando si propone un compito di questo tipo agli studenti, è bene fornire loro, oltre ai classici i criteri di valutazione e termini della consegna, anche indicazioni chiare su come deve essere eseguito l’esercizio, e offrire almeno un esempio di attività svolta. Data la novità che rappresenta per gli alunni il compito a casa di tipo multimediale, anche le indicazioni sull’uso delle tecnologie necessarie al suo svolgimento sono un sussidio indispensabile.

Ma perché usare le tecnologie quando ci sono già tantissimi tipi di attività divertenti e che abbassano il filtro affettivo? Secondo Emanuela le TIC vanno utilizzate perché sono coerenti con la definizione di insegnante-facilitatore, ossia quella persona che cerca sempre nuovi strumenti per motivare i propri alunni e per sfruttare al massimo le risorse presenti nell’ambiente di apprendimento.

Ulteriori spunti per attività da svolgere in classe o a casa con il supporto delle risorse on-line si possono reperire nel prezi di Emanuela, nel suo blog e nella sua pagina Facebook.

Bibliografia

Balboni P. E., Intercultural Comunicative Competence: A Model, Perugia Guerra, 2006; versione spagnola: La competencia comunicativa: un model.

ID., La comunicazione interculturale, Venezia, Marsilio, 2007

ID., Una glotodidàctica basada en la teoria de los modelos, Perugia, Guerra, 2010

ID., Conoscenza, verità, etica nell’educazione linguistica, Perugia, Guerra, 2011

ID., Le sfide di Babele. Insegnare le lingue nelle società complesse, Terza Edizione completamente ristrutturata e aggiornata, Torino, Utet Università, 2012

ID., Migliorare l’efficienza nell’apprendimento linguistico, Perugia, Guerra, 2014

Balboni P. E., Coonan C. M. (a cura di), Fare Clil. Strumenti per l’insegnamento integrato di lingua e disciplina nella scuola secondaria, Torino, Loescher, 2014, disponibile on-line: http://www.laricerca.loescher.it/index.php/quaderni/89-quaderni/978-i-quaderni-della-ricerca-14

Balboni P. E., Mezzadri. M. (a cura di), 2014, L’italiano L1 come lingua dello studio, Torino, Loescher, 2014, disponibile on-line: http://www.laricerca.loescher.it/index.php/quaderni/89-quaderni/977-i-quaderni-della-ricerca-15

Benson P., Wong L., In-service CALL education. What happens after the course is over?, in Hubbard P., Levy M. (ed.), Teacher education in CALL, Amsterdam, John Benjamins Publishing Co, 2006

Bianchi A., La didattica laboratoriale e le nuove tecnologie, in Indire, Marzo 2013 http://www.indire.it/content/index.php?action=read&id=1777

Bruni F., Fiorentino G., Didattica e tecnologie. Studi, percorsi e proposte, Roma, Carocci, 2013.

Caon F., Serragiotto G., Tecnologia e didattica delle lingue: teorie, risorse e sperimentazioni, Torino, Utet, 2012

Celentin P., Luise M. C., Formazione online dei docenti di lingue (Riflessioni e proposte per favorire l’interazione tra metodi e contenuti), in EL.LE, vol. 3, n. 2, Venezia, Edizioni Ca’ Foscari, luglio 2014

“Grammatica per la costruzione della competenza comunicativa” e “Riflessione metalinguistica e interazione orale: un binomio (im)possibile”

Grammatica per la costruzione della competenza comunicativa – Ludovica Colussi

Riassunto di Ornella Bernardi e Antonietta Vinciguerra

Panico, felicità, noia, sicurezza. E voi cosa provate quando sentite la parola “grammatica”?

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Con la simpatica vignetta che ha aperto il workshop, Ludovica Colussi (Casa delle Lingue) ha proposto la vexata quaestio: concentrarsi sulla forma o sul significato?

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I modi di intendere la grammatica sono molteplici. Secondo il Sabatini-Coletti la grammatica può essere:

  1. l’insieme delle convenzioni che regolano un particolare sistema linguistico;
  2. la scienza che studia le convenzioni normative di un sistema linguistico ai livelli fonologico, morfologico, sintattico;
  3. il saper parlare e scrivere in modo corretto.

Ma siamo sicuri che una volta appresa la grammatica, si sappia parlare e scrivere correttamente?! La competenza comunicativa, infatti, è composta non solo dall’abilità linguistica e quindi grammaticale, ma anche da una serie di abilità sociolinguistiche, discorsive e strategiche che il parlante mette in atto al momento di comunicare.  Ludovica ha paragonato la comunicazione alla costruzione di ponti: per edificare sono necessari sia i materiali (la grammatica), sia altri strumenti che rendano questi materiali realmente utilizzabili. La grammatica, così  come i materiali, è indispensabile ma non sufficiente.

Ma, una volta assodato che la grammatica è imprescindibile, come introdurre la grammatica all’interno di un percorso di insegnamento? Per far ciò abbiamo analizzato un’attività di Bravissimo! 1 sull’uso delle forme “c’è” e “ci sono”, dove si lavora sui contenuti in modo implicito.

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Bravissimo! 1

Solo così il discente ha un ruolo veramente attivo e ha la possibilità di “costruire” la grammatica a partire da materiali reali o realistici, diventando così il vero protagonista del processo di apprendimento. Al contrario, se la grammatica viene proposta in modo esplicito, lo studente avrà un ruolo passivo, memorizzerà per poco tempo regole preconfezionate su cui non ha ragionato e non attiverà praticamente le proprie conoscenze e strategie.

Dopo essere stata appresa in modo implicito, durante l’apprendimento la grammatica verrà a poco a poco interiorizzata e usata anche inconsapevolmente;  in questo modo collaborerà alla costruzione e al rafforzamento della competenza comunicativa dello studente. Dunque, di fatto la grammatica è una conoscenza in fieri, mai rigida nella mente dello studente, bensì duttile e in continuo sviluppo a partire dagli input che si ricevono a lezione.

Infine, se l’obiettivo ultimo della comunicazione è compiere atti comunicativi efficaci, questi non potranno mai prescindere dalla conoscenza della grammatica che è sottesa ad essi, poiché questa dovrà essere supportata anche dalla messa in atto di strategie e competenze di tipo extralinguistico.

Riflessione metalinguistica e interazione orale: un binomio (im)possibile di Marilisa Birello e Francesca Coltraro

Riassunto di Ilaria Bada e Adriana Calise

Cosa succede esattamente quando facciamo lavorare a coppie i nostri studenti? Come scaturisce l’interazione orale?  Ha un’utilità ai fini della riflessione metalinguistica?

Nel loro workshop, Marilisa Birello e Francesca Coltraro ci hanno presentato i risultati di due ricerche svolte proprio per rispondere a queste domande.

La prima indagine è stata effettuata da Simone Bonafaccia su una sua classe di studenti di livello A1 del centro linguistico dell’università di Würzburg, in Baviera, dopo 40 ore di esposizione alla lingua.

Prima di illustrare gli esiti della ricerca, Marilisa e Francesca ci hanno invitato a riflettere sul materiale che Simone ha usato con i suoi alunni, ovvero il manuale Bravissimo! 1. In particolare ci è stato chiesto di lavorare a coppie sulle pagine introduttive dell’unità 5 del testo, rispondendo alle seguenti domande:

  • come utilizzereste questo materiale?
  • quali sono gli input che vengono offerti?
  • quali difficoltà possono avere gli studenti?
  • quali strumenti possono aiutarli a svolgere l’attività?
  • quali istruzioni daresti?
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Bravissimo! 1

Come si può vedere dall’immagine, si tratta di una doppia pagina introduttiva in cui appaiono alcune foto con delle vignette, la cui finalità è evidentemente quella di far emergere le conoscenze pregresse, attivare l’expectancy grammar e introdurre il lessico e gli altri contenuti che saranno trattati nell’unità. Tutti ci siamo trovati d’accordo nell’usare il materiale per far lavorare gli studenti a coppie o in piccoli gruppi e abbiamo individuato le possibili difficoltà nel lessico non ancora noto e nella grammatica, soprattutto nei verbi irregolari. Le opinioni sulle istruzioni e gli strumenti da dare agli studenti, invece, non sono state altrettanto uniformi, e hanno generato un piccolo dibattito sull’eventualità di prevenire i possibili errori fornendo agli alunni qualche spiegazione grammaticale e lessicale di supporto.

La scelta di Simone è stata quella di non dare ai suoi studenti nessun aiuto lessicale o grammaticale, e limitarsi a introdurre brevemente i contenuti e le competenze che sarebbero state trattate nell’unità e che avrebbero permesso loro di arrivare al compito finale della stessa. Dopo aver riflettuto con gli alunni sul titolo un giorno come tanti, Simone li ha divisi a coppie e li ha portati a osservare le immagini e concentrarsi sulle frasi presenti nelle nuvolette, per reperire i contenuti necessari a rispondere in coppia alla domanda che da il titolo all’esercizio: quali sono i tuoi migliori momenti della settimana?

Come si nota attraverso la trascrizione di una loro conversazione, che Marilisa e Francesca ci hanno chiesto di analizzare, la performance degli alunni risulta più che soddisfacente.

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Bonafaccia (2015)

I ragazzi, infatti, si cimentano in una riflessione sulla lingua che coinvolge lessico, grammatica e fonetica, nella quale si trasformano in “detective” armati di tutto il loro repertorio linguistico e didattico, e quindi l’assenza di chiarimenti lessicali e grammaticali previ è uno stimolo, e non un ostacolo, all’analisi e al confronto. Il lavoro di coppia produce un ambiente rilassato che favorisce la performance comunicativa degli studenti, invita alla sperimentazione e permette loro di negoziare, modificare e riformulare quello che vogliono dire, facendoli sentire più sicuri e abbassando il filtro affettivo.

Tutti questi aspetti sono presenti anche nella seconda ricerca, che è stata svolta da Francesca con un gruppo di studenti dell’Escuela de Idiomas Modernos dell’Università di Barcellona.

Questa volta il nostro compito è stato quello di individuare, a partire dalla trascrizione di una conversazione in coppia, i seguenti elementi:

  • livello degli studenti
  • risorse linguistiche che si stanno studiando
  • problemi che gli alunni si trovano ad affrontare
  • similitudini e differenze con il caso precedente.

A fronte di una rapida analisi, abbiamo rilevato che anche in questo caso la conversazione rivela una ricca riflessione metalinguistica da parte degli studenti, che collaborano per identificare le forme verbali grammaticalmente corrette e la pronuncia esatta, e per comprendere il lessico nuovo. Come già notato nelle trascrizioni dell’università di Würzburg, il lavoro di coppia permette una notevole autoreferenzialità e genera un dialogo disteso e addirittura giocoso, nel corso del quale gli interlocutori si scambiano battute e scherzi.

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Coltraro (2014)

Sorprendentemente gli studenti hanno alle spalle solo 25 ore di esposizione alla lingua nel momento in cui Francesca registra le loro conversazioni, nelle quali è evidente il vantaggio apportato, ai fini della comprensione e della produzione orale, dall’affinità tra l’italiano e le L1 degli alunni (catalano e spagnolo).

Il materiale sul quale lavorano gli alunni dell’università di Barcellona è la pagina 77 di Bravissimo! 1, dove viene richiesto agli studenti di completare con degli aggettivi a scelta alcune descrizioni caratteriali che li riguardano.

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Al termine dell’analisi delle conversazioni degli studenti di Würzburg e di Barcellona abbiamo potuto concludere che il lavoro di coppia basato su un compito presenta tre vantaggi fondamentali:

  • l’apertura di uno spazio interattivo disteso e rilassato che favorisce di per sé la comunicazione;
  • l’opportunità di cooperare nella discussione di vari aspetti della lingua obiettivo;
  • la possibilità di riflettere sulla lingua favorendo l’apprendimento delle strutture grammaticali e generando sequenze potenzialmente acquisizionali.

Bibliografia

Birello, M., Vilagrasa, A., (2012) Bravissimo! 1, Barcellona, Casa delle Lingue

Bonafaccia, S. (2015) Feedback grammaticale dei discenti tedeschi durante l’interazione. Tesi inedita. Venezia: Università di ca’ Foscari

Coltraro, F. (2014) A lezione con i task: una ricerca qualitativa etnografica in due corsi d’italiano per stanieri a Barcellona.  Tesi inedita. Siena: Università per Stranieri di Siena.

Contin, R. (2014) Birello, Marilisa; Vilagrasa, Albert (2012), Bravissimo! (corso d’italiano per stranieri). Barcellona: Casa delle lingue, in Rassegna lberistica vol.37 – Num. 10

Littlewood, W. (2000) The task-based approach: some questions and suggestions, ELT Journal 58(4): 319-326

Orletti, F. (2000) La conversazione diseguale. Potere e interazione, Roma, Carocci

Skehan, P. et. al. (2012) The task is not enough: Processing approaches to taskbased performance, Language Teaching Research 16 (2): 170-187

Skehan, P. (2003) Task based Instruction, Language Teaching 36: 1-14

Skehan, P. (1996) A Framework for the Implementation of Task-based Instruction, Applied Linguistics 17 (1): 38-62.

Dai testi al compito comunicativo per un livello B2 e Proposte di attività per lo sviluppo della comprensione scritta

Il terzo articolo ruota intorno al tema della comprensione scritta, sia da un punto di vista teorico, sia con esempi pratici di didattizzazione di testi da usare a lezione. La prima parte è stata scritta a quattro mani da Ornella e Adriana, mentre al secondo workshop ha partecipato Ornella.

Adriana e Ornella vi augurano… buona lettura!

Dai testi al compito comunicativo per un livello B2 di Marilisa Birello e  Albert Vilagrasa

Perché leggere? E, soprattutto, perché leggere in classe? A questa domanda, dalla soluzione apparentemente semplice, abbiamo provato a rispondere all’inizio del workshop tenuto da Marilisa Birello e Albert Vilagrasa.

Cesare Pavese sosteneva che “leggendo non cerchiamo idee nuove, ma pensieri già da noi pensati che acquistano sulla pagina un suggello di conferma”. Partendo da questa citazione, in aula abbiamo raccolto idee per tentare di rispondere alle due domande: crediamo che si legga per rilassarsi, per arricchire il proprio bagaglio culturale, per imparare una lingua, per emozionarsi e per godere della scrittura, ma anche per addormentarsi! A lezione, invece, il testo scritto viene usato per dare un input, per arricchire il lessico, per sviluppare la competenza scritta e orale, per analizzare strutture grammaticali, per far conoscere una cultura, per stimolare la curiosità o per iniziare un dibattito.

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Dopo il brainstorming tra colleghi, abbiamo analizzato a gruppi diversi testi contenuti in un estratto di Bravissimo 4, in base a questi parametri:

  • di quali temi si parla?
  • quali contenuti linguistici, pragmatici, testuali, ecc. sono presenti?
  • qual è l’obiettivo comunicativo?
  • quale conoscenza del testo e del mondo deve avere il lettore?

Attraverso una rapida analisi siamo arrivati alla conclusione che la comprensione del testo è il risultato dell’interazione tra il testo e il lettore a partire dalle conoscenze del testo e del mondo già in suo possesso. Una delle finalità intrinseche della lettura è modificare e ampliare suddette conoscenze, ma partendo dal testo come input si possono anche elaborare diversi compiti finali, come ad esempio analisi linguistiche, tematiche, pragmatiche, testuali, ecc.

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L’interazione di questi elementi genera comprensione.

Alla fine ci è stato chiesto di elaborare un criterio o un principio sulla lettura e le proposte di Albert e Marilisa sono state:

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Bibliografia:

Van Esch, K. (2010), La comprensión lectora del español como lengua extranjera: necesidades comunicativs, objetivos y métodos e enseñanza y aprendizaje, online in marcoELE

Iglesias, E. B. (2005), La comprensión lectora. Una propuesta didáctica de lectura de un texto literario, online RedELE nº3

Cassany, D., Luna, M. e Sanz, G. (2010), Ensenyar llengua, Barcelona, Graó.

Birello, M., Vilagrasa, A. (in stampa), Bravissimo 4, Barcelona: Casa delle Lingue

Proposte di attività per lo sviluppo della comprensione scritta di Montserrat Cañada (EOI Barcelona Drassanes)

Alzi la mano chi preferisce evitare la lettura di testi a lezione. Forse pensate che richieda troppo tempo e che gli studenti lo possano fare tranquillamente a casa. Se seguite questa scuola di pensiero, Montse Cañada dell’EOI Drassanes di Barcellona ha qualche consiglio che potrebbe interessarvi.

In questo workshop, infatti, Montse ha proposto alcune didattizzazioni di letture brevi che si discostano dai classici esercizi (abbinamento, domande vero/falso e a scelta multipla), che molto spesso non mirano a sviluppare la reale comprensione di un testo. Vediamo qui di seguito un paio di attività che potrete ripetere con molti altri testi.

La prima proposta si basa sul testo Lettera a Cristina, di Gabriele Romagnoli, tratto dal libro Navi in bottiglia. Pensata per un livello A2-B1, la didattizzazione mira a sviluppare la produzione scritta tramite la lettura. Si dà agli studenti la prima parte del microracconto, (cliccate qui per leggerlo) e la si taglia dopo la frase “Apre la busta”. Si chiede quindi di scrivere il seguito e si confrontano poi le risposte in plenum. In ultimo si legge insieme la conclusione dell’autore. Le proposte degli studenti supereranno in quanto a fantasia la versione originale!

Leonardo Pieraccioni e il suo racconto Punk danno il secondo spunto per un esercizio di comprensione testuale e di scambio di informazioni tra due compagni. Si propongono due letture differenziate (A e B) che descrivono due persone apparentemente diverse. Ogni studente deve disegnare il personaggio del proprio racconto e descriverlo poi brevemente al proprio compagno. Dopo essersi confrontati a coppie, gli studenti devono leggere un’altra parte di testo, che rivela che i due personaggi sono in realtà la stessa persona in due momenti diversi della sua vita.

Insomma, attraverso l’information gap in entrambi i casi si stimola il lettore alla ricerca di informazioni per una comprensione globale del testo e lo si spinge a svolgere ulteriori compiti, come quelli proposti da Montse.

Articoli, racconti, fiabe, storie brevi, brani di romanzi o di opere teatrali sono una ricca fonte di materiali che possono trasmettere agli studenti un’infinità di elementi lessicali, grammaticali, culturali, testuali e pragmatici nonché l’amore per la lettura.

Bibliografia:

Romagnoli, G. (2010), Navi in bottiglia, Milano, Garzanti

Pieraccioni, L. (2003), A un passo dal cuore, Milano, Mondadori

Didattica del progetto: motivare, gestire l’eterogeneità di Michel Morel

Il punto di partenza della riflessione di Michel Morel, che per anni ha insegnato italiano nelle scuole francesi, è la distinzione tra il concetto di pedagogia, intesa come azione – la pedagogia “fa” – e quello di didattica, ovvero la riflessione a priori sulla trasmissione e l’acquisizione di conoscenze.

Michel Morel

Michel Morel

Secondo Morel, la grande eterogeneità che l’insegnante trova davanti a sé in aule sempre più affollate e la scarsa motivazione degli studenti sono i primi problemi, nonché i più grandi, che la scuola ha il compito di risolvere se vuole effettivamente mantenere un ruolo attivo nella società contemporanea. Tali problemi, infatti, portano ad una perdita di senso dell’educazione a scuola, soprattutto in Paesi nei quali è facile avere accesso alle informazioni. Se nei Paesi in crescita l’istruzione è percepita come strumento di emancipazione e di miglioramento delle condizioni di vita degli studenti, che ne sono pienamente consapevoli, nei Paesi sviluppati questo non avviene più.

La motivazione: Cenerentola nella scuola?

Quando gli alunni sono privi della motivazione all’apprendimento, anche l’insegnante può incontrare delle difficoltà a trovare la giusta spinta per coinvolgerli in esperienze significative, attivando così un circolo vizioso. Per questo motivo, spesso la scuola non riesce a colmare il divario esistente tra gli studenti, così che gli alunni più svantaggiati non riescono a superare la loro condizione e finiscono col perdersi.

In Italia, secondo il Censis, più del 50% dei giovani attribuisce un senso alla scuola, ma non crede sia un investimento utile, mentre in Germania il 90% la considera utile. Morel spiega questa differenza con la grande diffusione nella scuola tedesca della formazione professionale, che permette agli alunni di scegliere un percorso educativo basato sul “fare”.

 Fare, fare di più, far fare di più

Apprendere è fare e se gli studenti si annoiano è perché fanno poco. L’unico rimedio alla noia, secondo Morel, è l’azione, per cui gli studenti dovrebbero fare di più, assumendosi la responsabilità dell’apprendimento e posizionandosi in quel ruolo centrale nel processo di insegnamento/apprendimento del quale si parla già da diversi decenni.

Ma come far fare di più? Innanzitutto assegnando agli apprendenti un compito fattibile, chiarendone gli obiettivi, le indicazioni e magari anche negoziando con gli alunni, costruendo insieme il senso della formazione secondo i reali bisogni di chi impara.

“Non separare la scuola dalla vita reale”

Célestin Freinet, ideatore del metodo naturale, prende le mosse proprio da questo assioma, formulando poi tre principi pedagogici:

  1. IMG_0133La motivazione, perché è necessario che le attività proposte siano significanti per lo studente, che dovrebbe sperimentare e procedere per tentativi;
  1. La socializzazione tramite la cooperazione, poiché la classe dovrebbe essere un luogo di democrazia, in cui ognuno ha la propria responsabilità all’interno del gruppo; l’insegnante sarebbe quindi solo un facilitatore della classe, che dovrebbe autogestirsi come cooperativa di sperimentazione e ricerca;
  1. L’importanza del fattore emotivo incorporato nella motivazione dell’attività comune necessario per un apprendimento davvero significativo.

Ne risulta una pedagogia del progetto che permette di generare apprendimento attraverso la realizzazione di una produzione concreta – che si può identificare – e collettiva, frutto di un vero approccio orientato all’azione.

A tale approccio fa riferimento anche il QCER, laddove sottolinea l’importanza della dimensione sociale nell’apprendimento e soprattutto la necessità di avere come obiettivi dei compiti, per produrre risultati concreti che vanno dall’ordinare al bar alla negoziazione di un contratto. Anche il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca dà una definizione di pedagogia del progetto, inteso come compito condiviso che sia rilevante tanto dentro quanto fuori dalla scuola.

Il progetto comunicativo

Nella presentazione di Morel, il progetto comunicativo è inteso come un’azione complessa che gli apprendenti stessi, in una dimensione sempre collettiva, dovrebbero, almeno in parte:

  1. concepire
  2. pianificare
  3. realizzare
  4. valutare

Prendendo in considerazione un’attività di Bravissimo 1, ci siamo soffermati sull’importanza della simulazione di progetto realistico, che può anche diventare reale, come nel caso di un pranzo di fine anno. Attraverso l’analisi di altri manuali, invece, abbiamo riflettuto sulla necessità di adeguare le attività al livello reale degli apprendenti, evitando di chiedere loro dei compiti che non sono in grado di fare, poiché non ancora in possesso degli strumenti e delle strategie necessarie.

Nell’approccio orientato all’azione, in sintesi, ogni informazione appresa trova la propria ragion d’essere nella realizzazione di un compito finale, che è concreto, misurabile e assolutamente calato nel reale.

Bibliografia:

CONSIGLIO D’EUROPA, (2001), Common European framework of reference for languages (CEFR). Learning, teaching, assessment, Cambridge, Cambridge University Press.

Ellis, R. (2003). Task-Based Language Learning and Teaching, Cambridge, Cambridge University Press.

Freinet C., (1977-78), La scuola del fare. Principi (vol. I), e La scuola del fare. Metodi e tecniche (vol. II), Milano, Emme Ed..

Littlewood, W. (2004). The task-based approach: some questions and suggestions. ELT Journal, 58/4, 319-326

Nunan, D. (2004). Task-based Language Teaching Cambridge, Cambridge University Press.

Skehan, P. (1996). Second language acquisition research and task based instruction In J. Willis e D. Willis (eds.) Challenge and Change in Language Teaching. Oxford, Heinemann.

Skehan, P. (2003). Task-based Instruction. Language Teaching, 36, 1-14