Il proverbio: un evento comunicativo fra cultura e ironia di Laura Trevini Bellini
Quante volte ci siamo domandati se, quando e come introdurre i proverbi durante le nostre lezioni di lingua, se per ciascuno ne esisterà uno equivalente nella L1 dei nostri studenti o se ne capiranno il senso globale.
Spinta da queste domande, Laura Trevini Bellini, che insegna all’IIC di Parigi, ha condotto una ricerca di natura etnolinguistica e interculturale sul proverbio come evento comunicativo e, in particolare, sull’aspetto dell’ironia come elemento culturale.
Il proverbio, infatti, si porta dietro la cultura, sotto forma di elementi deittici, metafore, impliciti che possono variare da regione a regione. L’ironia è uno di questi elementi culturalmente marcati: se uno straniero è capace di riutilizzare un proverbio, dimostra di averlo compreso, di averne colto l’ironia ed è quindi pronto per condividerlo, creando un evento comunicativo che lo farà sentir parte di una comunità linguistica.
Dalla ricerca condotta da Laura viene fuori che i proverbi sono usati in contesti piuttosto informali da persone che hanno una relazione abbastanza stretta e che hanno delle conoscenze pregresse comuni. A volte, infatti, non si finisce nemmeno la seconda parte della frase: la struttura fissa tema-rema, che innesca l’ironia, e la condivisione delle metafore contenute non rendono sempre necessario il completamento del proverbio.
Proprio questi elementi fanno sì che oggi i proverbi si continuino a modificare e ad inventare: le canzoni, le pubblicità e i film rappresentano attualmente quel bagaglio comune da cui possono derivare nuove combinazioni, nuovi detti, nuove espressioni comprensibili ai più e largamente condivisibili.
Ma cosa sono e come nascono i proverbi?
Altro non sono che brevi norme di comportamento che derivano da esperienze di vita quotidiana e che in passato servivano per trasmettere oralmente le credenze e le tradizioni popolari in essi racchiuse. Frutto di una cultura antica, i proverbi nella maggior parte dei casi rispecchiano una società di altri tempi, ragion per cui, ad esempio, molti contengono metafore legate al mondo campestre e animale o tratti maschilisti.
Dunque, perché introdurre i proverbi nella classe di lingua?
Secondo Laura, siccome richiedono una rielaborazione cognitiva delle informazioni, i proverbi sono una parte della lingua che stimola la funzione poetico-immaginativa attraverso le metafore che contengono e potenziano il saper fare con la lingua.
Rappresentano, inoltre, un linguaggio bimodale, in quanto attivano la ricezione di entrambi gli emisferi del cervello: il destro per la parte globale, che presiede la comprensione delle connotazioni, delle metafore, dell’ironia, e quello sinistro, più analitico, sequenziale e logico (causa-effetto, prima-dopo) che presiede alla comprensione denotativa.
Un terzo aspetto per cui è utile introdurre i proverbi in classe è quello interculturale: permettono, infatti, di narrare, comparare e decostruire pregiudizi e stereotipi attraverso la conoscenza e con un metodo ludico coinvolgono direttamente gli studenti in un gioco di assimilazione e decentramento.
Come introdurli, quindi, in una lezione di lingua?
Laura ci ha presentato alcune attività da lei create e poi sperimentate in classi di studenti adulti di livello B2/C1 in contesto L2 e LS.
Dopo aver stimolato gli studenti con un brainstorming sul termine “proverbio” e aver scritto alla lavagna tutte le proposte ricavate in uno spidergram, Laura ha introdotto il tema con un video di Mukko Pallino sul tema dei detti e ha invitato gli studenti a completare una griglia con i proverbi ascoltati, il loro significato e gli equivalenti nella loro L1.
Un altro esempio riguarda le metafore legate al mondo animale attraverso un gioco interattivo in cui gli studenti, attraverso le tipiche caratteristiche attribuite agli animali, devono indovinare di quale animale si tratti e dopo completare un esercizio di fissazione dei nomi degli animali.
L’ultima attività inizia con un video tratto dal programma televisivo “L’eredità” in cui il partecipante al gioco deve completare la seconda parte di alcuni dei più classici proverbi italiani. La sua performance fa ridere gli spettatori -e anche noi partecipanti al workshop- per l’inadeguatezza di una delle risposte (A caval donato, *tanti auguri): la struttura dei proverbi, infatti, è fissa ed è per questa ragione che l’errore stona, suscitando ilarità.
Al termine del workshop, Laura ha distribuito ai partecipanti un tipico cioccolatino italiano, famoso perché contiene al suo interno un proverbio. Insomma, dulcis in fundo.
Bibliografia
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Sitografia
I proverbi nella pubblicità e nei giornali [Internet] (2 pagine) http://proverbiescrittori.blogspot.it/2007/11/il-rapporto-tra-proverbi-e- pubblicit.html
Bollettino ITALS giugno 2015 [Internet] (25 pagine) http://www.itals.it/il-proverbio-un-evento-comunicativo-fra-cultura-e-ironia-la-sperimentazione-di-una-lezione-classi-di
Il linguaggio settoriale dello sport e la creazione di un sillabo specialistico di Carmela D’Angelo
In questo workshop Carmela D’Angelo, dottoranda presso l’Università di Groningen, ci ha illustrato alcuni dei risultati della ricerca che sta conducendo in cotutela con l’Università per Stranieri di Siena, incentrata sul linguaggio settoriale dello sport e sulla creazione di un sillabo specialistico.
La prima domanda che mi sono fatta all’inizio del suo seminario è stata: perché proprio lo sport? Oltre a una passione ereditata in famiglia, lo spunto da cui è nata la ricerca di Carmela è l’interesse per la relazione tra sport e lingua straniera, per stabilire sia come imparare una lingua straniera per praticare sport, sia come praticare sport attraverso lo studio della lingua.
Secondo Carmela, infatti, lo sport è cultura: se da un lato può costituire un aspetto fondante della vita di un paese, dall’altro si presta a un confronto interculturale per l’internazionalità di alcuni temi.
Per condurre la sua ricerca, Carmela ha analizzato circa 300 manuali di lingua per cercare unità dedicate allo sport e studiarne il lessico specialistico, le funzioni comunicative e le funzioni grammaticali (es. imperativo per dare ordini, comparativi e superlativi per paragonare risultati, condizionale per consigli, ecc.), con l’obiettivo di creare un sillabo incentrato sullo sport, così come individuato dal QCER (2002: 55-66).
Ma perché un sillabo di lingua sullo sport?
Carmela afferma che conoscere la lingua dello sport è utile per l’integrazione sociale dei migranti, che possono utilizzarlo come tema di conversazione e costituisce per loro un elemento di costruzione di un’identità; è indispensabile, inoltre, per i lavoratori del settore (sportivi, allenatori, manager, medici, terapeuti, ecc.), che lo utilizzano come strumento professionale. Non vanno poi tralasciati gli aspetti formativo-culturali, e non ultimo ludici, che interessano tutti i livelli sociali e di età, in particolar modo la scuola dell’obbligo.
Come insegnare questo lessico specialistico?
Secondo Carmela, lo sport è un argomento particolarmente adatto per l’insegnamento della lingua straniera, grazie alla sua ricchezza lessicale (pensiamo, ad esempio, ai nomi delle squadre di calcio attraverso i colori delle magliette o i nomi in latino delle città) e alla grande varietà di tipologie testuali che coinvolge (es. racconti, romanzi, poesie, canzoni, articoli di giornale, pubblicità, ecc.). Non solo, aiuta anche lo sviluppo di competenze interculturali relative al tema, che permette di stabilire confronti con la propria cultura in base al modo di vivere uno sport.
Per quanto riguarda il “come”, si può ricorrere a diversi metodi, quali TPR, CLIL, Task-based learning, Project Working, e altri ancora, da scegliere sulla base di sperimentazioni in classi di lingua.
Per concludere, la creazione di un sillabo specifico per lo sport si inserisce nella promozione sociale, culturale e linguistica di tutti i cittadini, come fruitori, apprendenti e -non ultimo- docenti.
Bibliografia
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