Un piccolo sondaggio ha messo in luce che studenti con L1 spagnolo e catalano percepiscono molto spesso in modo positivo l’affinità tra la L1 e la lingua obiettivo anche se in certi casi questa somiglianza è percepita come un ostacolo, una difficoltà che induce all’errore. I risultati si potrebbero riassumere in queste due testimonianze di alunni di livello A2-B1:
Sempre esistono parole simili al catalano o al castigliano, e quindi se non sai reagire per dire una parola puoi provare a italianizzarla, a volte va bene e altre no. Ma ci sono casi in cui puoi “predirla”.
Mi aiutano le strutture grammaticali e qualche parola, ma a volte questa somiglianza tra le lingue è negativa perché credi che tutto sia uguale e sbagli.
Non siamo di certo noi i primi a porci questa domanda. Nel 1978 Corder aveva parlato dell’importanza che aveva la somiglianza tra le lingue nel processo di apprendimento di una lingua straniera. Più tardi, anni ’80 e ’90, Ringbom (1987), che si occupava dell’apprendimento dell’inglese da parte di svedesi, e Schmid (1994), che analizzava l’apprendimento dell’italiano da parte di ispanofoni, osservarono che il punto di partenza nel processo di apprendimento di una lingua straniera dipende dal grado di affinità strutturale tra la L1 e la LS. Ringbom ha dimostrato, anche in studi successivi (2001, 2007), come sia importante la somiglianza interlinguistica nell’apprendimento di una L2/LS e come le similitudini e le differenze facilitino l’uso di strategie di apprendimento. A volte però queste similitudini possono portare lo studente a fidarsi troppo della somiglianza tra le lingue tanto da non essere più in grado di vedere le differenze esistenti (Ringbom, 1987; Schmidt, 1994).
In Italia, Calvi (1995) sosteneva che la distanza percepita, “cioè l’ipotesi formulata da chi apprende sulla vicinanza tipologica tra la L1 e la L2” (Calvi:67), sia una delle principali cause del transfer anche se molto spesso si tratta di un transfer positivo. Di fatto la somiglianza fonetica e lessicale può favorire la comprensione e le coincidenze nella grammatica e nella sintassi possono risultare utili per l’apprendimento di certe strutture. Più recentemente Lo Duca & Duso (2008) hanno studiato il comportamento nella produzione in italiano di studenti ispanofoni. Le autrici hanno osservato, tra le altre cose, che vi è un gran numero di ibridismi, cioè parole in cui coesistono elementi delle due lingue in contatto, favoriti dalla vicinanza tra le lingue e comunque comprensibili per l’interlocutore. Ci sono produzioni ibride che appaiono in tutti i livelli analizzati dalle due studiose (da A1 a C1). È il caso del suffisso –ero, inesistente in italiano ma molto produttivo in spagnolo, che viene usato in eccesso e dà luogo a produzioni come gelatero o pizzero per “gelataio” e “pizzaiolo”. La produzione di ibridi diventa quindi quasi una strategia per mantenere la conversazione talvolta valida solo in quell’unico scambio interattivo. Molto spesso però gli studenti, per sfuggire alla somiglianza e la paura di cadere nell’errore, mettono in atto la strategia della differenza. Creano cioè parole che si allontanano dalla L1 evitando l’uso di termini sentiti come troppo vicini ma che invece sono corretti nella lingua obiettivo (Lo Duca & Duso, 2008; Schmid, 1994 Kellerman, 2000).
L’affinità tra le lingue è quindi una questione molto delicata che non va lasciata al caso. Molto spesso una riflessione sulla L1 o sul perché di una certa produzione degli studenti può rivelarsi utile per pensare a una didattica fatta ancor più su misura per un gruppo di studenti con determinate caratteristiche.
Bibliografia
Calvi, M. V. (1995). Didattica di lingue affini. Spagnolo e italiano. Milano: Guerini.
Corder, S. (1978). Language-Learner Language. En J. Richards (Ed.), Understandig Second and Foreign language Learning. Issues and Perspectives (pp. 71-93). Rowley: Newbury House.
Kellerman, E. (2000). Lo que la fruta puede decirnos acerca de la transferencia léxico-semántica: una dimensión no estructural de las percepciones que tiene el aprendiz sobre las relaciones lingüísticas. En C. Muñoz (Ed.), Segundas lenguas. Adquisición en aula (pp. 21-38). Barcelona: Ariel Lingüística.
Lo Duca, M. G., & Duso, E. M. (2008). “Il camionero scende dal camione”: studio sui nomi di agente nelle interlingue degli ispanofoni. En M. G. Lo Duca & I. Fratter (Eds.), Il lessico possibile. Strategie lessicali e insegnamento dell’italiano come L2 (pp. 57-98). Roma: Aracne.
Ringbom, H. (1987). The Role of the First Language in Foreign Language Learning. Clevedon: Multilingual Matters.
Ringbom, H. (2001). Lexical transfer in L3 production. En. J. Cenoz, B. Hufeisen & U. Jessner (Eds.), Cross-linguistic influence in third language acquisition: Psycolinguistic perspectives (pp. 59-68). Clededon: Multilingual Matters.
Ringbom, H. (2007). Cross-linguistic Similarity in Foreign Language Learning. Clevedon: Multilingual Matters.
Schmid, S. (1994). L’italiano degli spagnoli. Interlingue di immigrati nella Svizzera tedesca. Milano: Franco Angeli.